Colpevole di Ingiustizia: Salvatore Verdura

tratteremo della complessa storia legata alla morte di Salvatore Verdura, ex poliziotto appartenente alla scorta di Giovanni Falcone, avvenuta il 13 gennaio 2011 in località Le Castella, a Crotone, lungo la strada provinciale 43 all’altezza dell’incrocio con la strada statale 106 Jonica, a seguito di infarto, si disse, mentre si trovava alla guida di un’auto non sua, ma questa versione non ha mai convinto la famiglia che vuole vederci chiaro.

Verdura prestava servizio presso il Centro di accoglienza Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto che, grazie all’operazione “Jonny”, si è scoperto essere in mano alla ‘ndrangheta.

L’ultima telefonata: Salvatore, la sera prima dell’incidente chiama il figlio Gaetano che non stava bene, parlando con lui per pochissimi minuti. «C’era troppo casino, troppo chiasso, non si capiva bene cosa stesse succedendo».
Da quel momento, dalle 23 di quel maledetto 12 gennaio 2011, Salvatore non si fa più sentire. Come mai? Era un padre apprensivo, adorava sua moglie e i suoi figli, ma quella sera non richiama più. Secondo la moglie e i figli, appunto, Salvatore muore proprio quella notte e non la mattina. Salvatore – e questo è un dato inconfutabile dato dal foglio di servizio– smette di lavorare alle ore 2.08.

Un salto temporale e il testimone oculare

Abbiamo quindi un buco temporale di 8 ore che rimangono un mistero. Ritroviamo infatti Salvatore morto in auto verso le 7.00 del mattino.

A segnalare l’incidente è un testimone oculare che alle 7 del mattino, trovandosi sulla statale 106, si accorge dell’incidente guardando lo specchietto retrovisore. Tornato subito indietro, chiama i soccorsi e nota che il conducente era già morto. Ad arrivare sul posto, per prima, non è l’ambulanza del 118, bensì quella della Misericordia che accerta la morte alle 7.31 anche se l’incidente si sarebbe verificato prima, alle 7.10 circa. Solo dopo, alle 7.55, l’intervento del 118 che certifica il decesso.

Fatto strano: perché interviene prima la Misericordia e non il 118?

E soprattutto: come dichiarato dai medici del 118 stesso, com’è possibile che il corpo dell’uomo, a quanto pare già deceduto, fosse stato prelevato dall’auto e caricato in ambulanza della Misericordia senza l’autorizzazione di un magistrato, come spiegano i familiari?

“Non presenti lesioni cagionate da altrui violenza […] per una completa definizione del caso occorre procedere a esame autoptico” scrive inoltre il medico intervenuto sul posto.

L’autopsia mancata

E, invece, incredibilmente non viene eseguita alcuna autopsia. Il corpo di Salvatore Verdura viene analizzato soltanto tra il 2016 e il 2017, quando il Pubblico Ministero dott. Bono dispone “la riesumazione del cadavere e l’esecuzione dell’esame autoptico”. Dopo quasi 6 anni dall’incidente, l’autopsia conferma però la pista dell’incidente: nessun omicidio, nessun colpo d’arma da fuoco, nessun avvelenamento. Ma il consulente tecnico mette nero su bianco che c’è stata “un’approssimazione dei primi accertamenti medico-legali” e una “grave carenza nell’esecuzione degli accertamenti sul cadavere”.

La ferita dietro all’orecchio e i telefoni

Però sul corpo di Salvatore c’è una strana ferita dietro all’orecchio destro, della quale non è stata fornita alcuna spiegazione. Inoltre c’è la questione della completa cancellazione delle memorie dai suoi tre telefonini e dal computer. Cosa si è voluto far sparire?

L’auto dell’incidente

Ma non solo: l’auto con cui Salvatore ha avuto “l’incidente”, una Citroen Saxo verde, era di proprietà di una donna di Petilia Policastro, paese ad alta densità mafiosa. Tra di loro non ci sarebbe stata una relazione anche se i frequenti contatti, anche di notte, potrebbero far pensare ad altro. Come dichiarato dalla moglie, il poliziotto aveva sostenuto che si trattava solo di un’amica e che aveva deciso di aiutarla poiché in difficoltà: aveva un figlio col tumore al cervello. C’è però un messaggio inviato dalla donna a Verdura dell’11 gennaio, ore 9.24, due giorni prima dell’incidente: “Temo che il mio ex abbia chiamato mio padre”. Cosa intendeva dire? “Tra mio padre e il mio ex marito, in ragione della nostra separazione, erano sorti degli attriti per cui mio padre voleva vedere il nipote e a ciò si opponeva il mio ex” ha dichiarò la donna. Ma perché comunicarlo al Verdura? Tutti aspetti poco chiari.

Ci sono anche altri orari che non quadrano: secondo i famigliari, la polizia si sarebbe recata a Scordia – dove abitano – già alle 7.30, ancor prima che fosse constatato il decesso del Verdura dal 118. Dichiarazioni che, però, cozzano con quelle dei militari sentiti secondo cui la moglie avrebbe appreso del decesso intorno alle 10.45 e che la distanza tra la caserma di Catania, da dove sarebbero partiti i poliziotti, e l’abitazione dei Verdura è di oltre 40 km (quindi, più o meno, 40-50 minuti di auto).

Il dubbio è che tutti sapessero che la morte fosse avvenuta di notte e non di mattina, come scritto sulle carte.

Le mani della ‘ndrangheta

Su quel Centro di accoglienza a Isola di Capo Rizzuto ci sarebbero state le mani della ‘ndrangheta della cosca Arena, come svelato dall’inchiesta “Jonny”, del maggio 2017. Coinvolto anche l’ex Governatore della Misericordia di Isola.

E se Salvatore avesse visto qualcosa? E se fosse stato fatto fuori perché, da uomo onesto qual era, avrebbe raccontato, una volta tornato in Sicilia, cosa succedeva in quel centro? Cosa era avvenuto quella notte? Cos’erano le forti voci sentite anche dal figlio Gaetano?

Sono queste le domande che si pone la sua famiglia, da anni. Con loro ne parliamo in diretta. Seguiteci lunedì 10 febbraio alle ore 17.00

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